Mi ero ripromesso di scrivere qualche ulteriore riga al
ricordo qui pubblicato con il precedente post n. 74 del 10 dicembre 2017 sulla
figura del caro amico don Giovanni Alberto Camarlinghi. Scrivere di lui è, per
me, come scrivere di un fratello poiché la sintonia che si creò fra noi due fu
dettata non solo dall’essere quasi coetanei ma anche e soprattutto dalla
condivisione totale del modo di intendere la vita e l’impegno in una comunità
parrocchiale. Giovane fra giovani, don Giovanni alimentò un fervore di
iniziative che ebbero il merito di lasciare un segno profondo in una comunità
ove, ancora negli anni 70 e 80 del Novecento, era difficoltoso proclamarsi
cristiani a causa di una massiccia opera di contrasto verso la Chiesa operata
dai partiti della sinistra. Di lui bisogna segnalare: la costante presenza in
oratorio, le confessioni, l’assistenza diuturna al gruppo giovanile, le visite
frequentissime ai malati, l’impegno per mandare avanti e sostenere alla grande
l’educazione dei piccoli nella benemerita scuola materna parrocchiale “Don Pio
Minghetti”. Allacciò contatti frequenti ed invitò a numerose celebrazioni i
sacerdoti nativi di Serravalle e quanti, ancora viventi, lo avevano precededuto
in Parrocchia. Questi sono solo alcuni aspetti della missione sacerdotale
espletata da don Camarlinghi che non mancarono di attiragli le simpatie anche
degli ambienti politicizzati e più ostili al messaggio evangelico. Col sorriso
sulle labbra profondeva con energia l’impegno della sua presenza, giorno e
notte, per gli anziani, che visitava frequentissimamente e al cui capezzale
portava il conforto dei sacramenti, specialmente quelli della Casa di Riposo,
allora condotta da un gruppo di oltre quindici Suore della Sacra Famiglia per
cui celebrava quotidianamente la santa Messa mattutina. Diede vita al gruppo
del Vangelo, impegnato nello studio della Parola di Dio; ugualmente sostenne e
formò un gruppo giovanile, che condusse a riflettere sulle tematiche più
importanti attraverso incontri di preghiera e riflessione e nell’impegno
mensile della pubblicazione del giornale parrocchiale “Dal Campanile”, uno
straordinario strumento di comunicazione e di collegamento. Orbitarono nella
redazione e nel confezionamento di quel periodico decine di ragazzi, decine
pure impegnati a scrivere, a esporre idee, a proporre iniziative, a riflettere
sui temi della presenza cristiana nel mondo, a segnalare l’esigenza di un
recupero delle più importanti notizie di storia paesana. Poi la grande
avventura della Sagra Paesana vissuta in tutte le sue dimensioni, prima fra
tutte quella della preghiera al Patrono San Francesco d’Assisi. Segnalo
tuttavia come merito grandissimo di don Giovanni Camarlinghi fu l’aver dato
vita al Coro Parrocchiale, o meglio alla Cappella Musicale. Una compagine
canora con oltre sessanta elementi, dai bambini alle bambine, dalle giovani
alle donne, da alcuni giovanotti a uomini maturi: tutti entusiasti di cantare,
di provare, di rendere sempre più decorose le celebrazioni. Dopo il
trasferimento di don Giovanni a Ferrara, la corale ha proseguito fra enormi
difficoltà ed ora è ridotta a pochi cantori. Va detto, in tutta serenità, che
non ha assolutamente giovato all’impegno di servizio liturgico l’aver formato
un coro giovani che, in netta contrapposizione alla storica formazione canora,
non ha saputo né voluto continuare nelle linee di una eredità di formazione
musicale decisamente importante. Poi non è possibile dimenticare il Palio. Gli
ultimi quattro anni trascorsi da don Camarlinghi a Serravalle sono stati
momenti indimenticabili per la nascita e lo sviluppo di un organismo ancora
presente, aggregante persone di diversa condizione sociale, di diversa cultura,
di diversa ideologia politica: giovani e adulti protesi a voler animare la
comunità in modo sano e divertente, legando le manifestazioni a una parte della
storia antica del territorio. Sentiva importante e imprescindibile, il caro don
Giovanni, guardare al cuore delle persone, guardare al bene delle anime,
coltivando amicizie e pregando tanto, pregando sempre. Anche certi suoi gesti,
esemplari per un sacerdote giovane, fanno oggi riflettere. Luigi Accattoli nel
suo Blog, che invito a visitare e a leggere, ha parlato di don Giovanni in
merito a due avvenimenti: il primo riferito al comunista mangiapreti Tonino
Colombani, convertito in punto di morte dall’Ave Maria. L’altro all’ebreo
ferrarese ingegner Giorgio Bianchini, convertito al Cristianesimo ma
legatissimo alle tradizioni ebraiche, ospite nella Casa di Riposo di
Serravalle. Egli raccontava che da giovane, chiamato alle armi nel 1915, era
andato dal Rabbino che gli aveva imposto le mani pronunciando la preghiera che
nel Benedizionale degli Ebrei il nonno recita in occasione della partenza del
nipote. Quando don Camarlinghi nel 1985 fu chiamato a lasciare Serravalle per
la Parrocchia dell’Immacolata di Ferrara, si recò dal vecchio amico Bianchini
chiedendogli una benedizione. L’ingegnere, commosso e lusingato, mise la
kippah, pose le mani sulla testa di don Giovanni recitandogli la benedizione
che il rabbino aveva un tempo invocato su di lui: “Angelo di Dio tu condottier
del viver mio, guidalo e portalo tu sul sentier della virtù”. Ecco, a distanza
di tanti anni, a distanza di alcuni mesi dalla morte di Don Giovanni, possiamo
dire che la sua presenza a Serravalle e nella parrocchia dell’Immacolata è
stata una vera e propria benedizione del Signore per tutti coloro che hanno
avuto la fortuna di averlo incontrato e di averlo avuto come parroco ed amico.
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Giovanni Raminelli
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