lunedì 4 dicembre 2017

Ricordo di un amico scomparso lunedì 27 novembre 2017: Don Giovanni Camarlinghi

Lunedì 27 novembre 2017 è andato alla Casa del Padre il carissimo amico don Giovanni Alberto Camarlinghi, che fu coadiutore e poi parroco-abate a Serravalle (Ferrara) dal 1971 al 1985 e successivamente parroco alla parrocchia dell'Immacolata in città a Ferrara. Voglio ricordarlo qui intanto con questo scritto, ripromettendomi di scrivere più avanti un altro testo relativo ad alcuni particolari della sua vita che ritengo meritino d'essere conosciuti.

La fotografia che pubblico è stata scattata nel giugno 2012 a Copparo dall'amico Paolo Chiavieri.
Io a sinistra, don Giovanni a destra.

Nel giugno del 1971, insieme all’allora parroco-abate di Serravalle, don Silvio Padovani, mi recai alla sagra di Parasacco, un paesino ferrarese sito a breve distanza da Tresigallo. Fra i molti sacerdoti presenti alla cerimonia religiosa del pomeriggio vi era pure don Camarlinghi. “Sarà lui il nostro nuovo cappellano!” disse don Silvio indicandolo. E’ probabile che l’arcivescovo avesse già deciso, ma sono più propenso a credere che a decidere prima ancora del vescovo fosse stato don Silvio. Resta il fatto di una calorosa stretta di mano corroborata da un sorriso solare e gioioso: furono la carta d’identità che don Giovanni mi mostrò in quel mio primo incontro con lui. Venne a Serravalle con un carico di qualità umane e spirituali di alto livello che non tardarono a manifestarsi. Bambini, ragazzi, adolescenti, adulti, anziani. La variegata e multiforme umanità della nostra parrocchia, da qualche anno diventata parte della arcidiocesi di Ferrara, sentiva di essere amata da un giovane sacerdote che ce la metteva tutta in tutte le cose. Voglio fare una carrellata delle opere poste in essere da don Camarlinghi, alcune fra le tante che ricordandole oggi ci offrono la dimensione ministeriale ed umana di un parroco tanto amato. Egli iniziò il suo percorso serravallese fine giugno 1971 con la costituzione del coro: esperienza unica e indimenticabile. Di lì a poco venne ricostituito e “potenziato” il gruppo chierichetti. Divenuto parroco-abate nel 1974, si prodigò per la scuola materna ove prestavano la loro opera le Piccole Suore della Sacra Famiglia. Fu assai attento alla istruzione religiosa degli adulti e dei piccoli. Confessioni regolari per grandi e piccini, incontri settimanali per il “Gruppo del Vangelo” e con la particolare assistenza ai ragazzi in oratorio. Portò a compimento il restauro dell’organo, favorì e sostenne nell’ottobre 1974, la nascita del mensile parrocchiale Dal Campanile, con cui si incrementò il collegamento del paese e della parrocchia con moltissimi ex serravallesi sparsi in Italia e all’estero. Grande impegno mise nel sostegno annuale delle iniziative della Fiera insieme allo storico Presidente Roberto Tarroni. Compì il restauro nella primavera del 1975 della settecentesca statua del Cristo Morto e favorì il completamento della decorazione del cassone dell’organo. Indisse dal 30 novembre all’8 dicembre 1975 le Sante Missioni, L’anno dopo procedette al restauro di ambienti parrocchiali e alla loro metanizzazione. Costituì un apposito comitato per i festeggiamenti in onore di don Alvaro Almos Marabini, sacerdote di Serravalle, che celebrò la sua prima santa Messa nella nostra chiesa il 4 giugno 1978. Subito dopo (11 giugno) diede un doveroso risalto con una apposita celebrazione alla ricorrenza del 120° anniversario della erezione della nostra chiesa abbaziale in parrocchia. Nel 1979 avviò i lavori di pulizia e di definitiva sistemazione del tetto della chiesa e il restauro del campanile e della rifusione della campana maggiore, dedicata al patrono, consacrata dall’arcivescovo Mons. Mosconi il 23 settembre. Nel dicembre 1980, grazie al suo interessamento, al patrocinio della parrocchia e al contributo della Cassa di Risparmio di Ferrara, venne dato alle stampe e divulgato il mio libro “Serravalle. Profilo storico di un paese della Bassa Ferrarese”, con i cui ricavi don Giovanni portò a compimento i lavori di sistemazione degli ambienti parrocchiali, in particolare della sala per incontri e riunioni. Il 23 marzo 1982 celebrò il 1° centenario delle campane mentre in ottobre diede avvio ai lavori di restauro e abbellimento della facciata della nostra chiesa. Sempre in quell’anno partecipò ai festeggiamenti per la benedizione ed inaugurazione dei nuovi locali che ampliavano e restauravano parte del complesso della Casa di Riposo. In occasione della quaresima del 1983 ottenne dalla parrocchia di Berra il trasferimento in Serravalle, per una settimana, della venerata Immagine della Madonna della Galvana. La domenica 24 giugno 1984 inaugurò e benedisse le nuove lapidi ai caduti poste sulla restaurata facciata della chiesa.  In seguito organizzò e coordinò i preparativi per la Visita pastorale dell’arcivescovo Maverna, attuata in Serravalle dal 15 al 21 ottobre 1984. Il 17 gennaio 1985 l’Ente Palio Serravalle lo nominò “Membro onorario” del Comitato d’Onore dell’Ente riconoscendone gli alti meriti e la dedizione posta nel favorire e dare supporto alle attività poste in essere dall’Ente medesimo. Ecco per sommi capi il percorso “serravallese” di un grande sacerdote. Grazie don Giovanni!


Giovanni Raminelli

martedì 17 ottobre 2017

Il decennale della scomparsa del Dottor Romeo Sgarbanti: maestro di vita e di Fede.


Si è svolta sabato 14 ottobre 2017, nella splendida cornice della Basilica di San Giorgio fuori le mura, in Ferrara, l'iniziativa di commemorazione del Dott. Romeo Sgarbanti nel decennale della morte. Pubblico di seguito il ricordo che ho pronunciato alla presenza dei famigliari, delle autorità del Serra Club, di molti amici ed estimatori di questa figura onorevolissima del mondo civile e cattolico.

Confesso che ho avuto un attimo di indecisione quando mi si propose di ricordare oggi questa luminosa figura di cittadino e di cattolico. Ci sono qui tante persone autorevoli, che l’hanno conosciuto e frequentato più di me. Tuttavia mi sono detto che forse non è il tempo più o meno lungo della conoscenza e della frequentazione l’unico parametro cui affidarmi per tratteggiarne pur velocemente un ricordo.
Ci sono altre dimensioni, ci sono sensazioni, esperienze, ricordi che possono trasformare una impresa ardua in una riflessione doverosa e attenta sulla complessa e nello stesso tempo esemplare figura di questo uomo di azione, di forte e solidissima cultura, di fede incrollabile e operosa, di studioso eminente. Nel ricordo del caro dottor Sgarbanti mi sovviene soprattutto (permettetemi un riferimento personale) la grande ed indiscutibile autorevolezza, negli anni della mia militanza, prima giovanile poi matura, nella Democrazia Cristiana, ai tempi di altre grandi figure della DC ferrarese e di organizzazioni cattoliche quali Moreno Incerpi, il Prof. Modestino, il Prof. Tosi, Nino Cristofori, Franceschini, Dianati, Marinelli, e dell’Ente Delta con il suo direttore Giordano Marchiani. Era l’epoca del confronto, a volte aspro, fra le varie compagini partitiche. Mi aveva colpito, in alcuni incontri, la sua costante sollecitazione a mostrare, dentro e fuori la sezione, indefettibile fedeltà ai nostri valori cristiani e a mai rinnegare il ruolo dei cattolici nella vita sociale ed economica specialmente in quei comuni della nostra provincia ove era largamente preponderante la presenza dei partiti di sinistra. In fondo non chiedeva e non si aspettava altro che la fedeltà ai principi ispiratori dell’impegno cattolico nella società. E la società di allora, come quella di oggi, ha bisogno di assoluta coerenza tra le idealità ispiratrici e gli impegni nel concreto.
Da cattolico impegnato in politica, la sua preoccupazione costante fu appunto quella di garantire, se così può dirsi, il nesso, la corrispondenza, il legame, la coerenza tra principi e azioni, tra valori e progetti, tra fondamento e comportamento. Io credo che questo fosse per lui il vero metro di misura della politica. Ma Romeo Sgarbanti aveva la vista lunga, guardava al futuro, con l’obiettivo permanente del riscatto, della crescita.  Ciò a cui mirava, lo si percepiva nei suoi interventi, nei quali egli era convincente poiché aveva un eloquio ricco di ragionamenti che segnalavano il suo alto senso dello Stato e il senso che potremmo definire etico del suo impegno politico. Me ne convinsi ancor di più allorché ebbi a leggere più volte in quegli anni quell’aureo suo testo intitolato Lineamenti storici del movimento cattolico ferrarese, stampato nel 1954, traendone non solo spunti di doverosa riflessione ma anche di possibile ricerca e di ampliamento. Era fuor di dubbio che ciò che scriveva, egli lo vivesse non solo nella certezza delle documentazioni ma anche in quella dei valori che era possibile porgere alla riflessione dei lettori, e che emergevano ed emergono ancora oggi in chi ha la fortuna di accostarsi alla lettura dei suoi testi. Libri davvero importanti, dotati di una vasta bibliografia.
Lessi tempo fa il suo ultimo articolo apparso sul n. 27 dell’anno 2007 della rivista “Ferrara.Voci di una città” e che egli volle intitolare in modo assai significativo “Un collateralismo importante”: un richiamo storicamente ineccepibile agli aspetti interpretativi del clerico-fascismo. Al Grosoli egli dedicò studi profondi: il primo del 1959 Ritratto politico di Giovanni Grosoli, pubblicato a Roma dalla Editrice Cinque Lune, il secondo del 1960 intitolato Giovanni Grosoli e pubblicato in Spoleto da Petrelli, il terzo del 1964 Giovanni Grosoli Pironi. L’opera e le virtù, edito dalla Direzione della Sala Francescana di Cultura di San Damiano in Assisi, a cura del padre Antonio Giorgi. Erano, quelli, gli anni della sua nomina a Presidente della Camera di Commercio di Ferrara, incarico che tenne dal 1960 al 1976. In tale veste egli dimostrò di essere uomo competente, indiscutibilmente preparato a trattare le tematiche economiche e sociali. Si impegnò a lungo per la valorizzazione della filiera ortofrutticola.
Fu protagonista di una lunga stagione di positiva progettazione e di progressiva realizzazione di importanti interventi in favore della realtà ferrarese: profuse infatti un riconosciuto e validissimo impegno teso a ottenere il finanziamento e l’ampliamento delle opere di bonifica, per il grande comprensorio del Basso Ferrarese, per il rafforzamento della ferrovia e della rete stradale ed autostradale. Operò inoltre con sollecitudine per il sistema idroviario e per quello portuale nella realtà di Porto Garibaldi. Da ricordare il premio a lui intitolato e riservato a lauree specialistiche trattanti la realtà ferrarese in tutte le sue articolazioni economiche.
Ma è l’uomo di Chiesa su cui, in particolare, oggi possiamo soffermarci. Sgarbanti condusse una vita nella Chiesa e per la Chiesa, dalla quale molti di noi e l’intera diocesi hanno ricevuto il meglio non solo per la crescita responsabile nella Fede ma anche per quella legata alle varie organizzazioni ancora operanti. Egli insomma teneva in grande considerazione la dimensione ecclesiale nell’attivo processo di inculturazione della Fede attraverso rapporti comunitari significativi e di alto livello, di notevole spessore. E riteneva necessario ricercare, in modo aperto, con coraggiosa penetrazione i cambiamenti epocali e ogni situazione bisognosa di intervento, preoccupandosi dei relativismi e dei decadimenti.
Non voglio essere ripetitivo ma io credo sia necessario ribadire, con le parole dell’architetto Bassi nel numero della rivista “La Pianura” dedicato al dottor Sgarbanti, che egli “ebbe a traguardare il mondo attraverso il suo indefettibile cattolicesimo che lo fece un riferimento e un testimone fondamentale del mondo cattolico ferrarese”. Egli infatti nei vari incarichi e nei ruoli assunti nel corso della sua esistenza seppe garantire risposte sicure alle esigenze emergenti dal contesto sociale ed economico ed aveva un metodo per la risoluzione dei problemi: preferiva mediare, consigliare con la parola giusta e con il pensiero adeguato quando più era necessario, manifestando comprensione profonda, senza mai deflettere dai principi di una riconosciuta onestà intellettuale, che corroborava e si assimilava a quella culturale e a quella religiosa. Questo dunque era il suo modo di “governare” le idee e di declinare le iniziative di cui poi il mondo cattolico ferrarese ha goduto e gode. Le sue sono state talora riflessioni nel solco del magistero ecclesiastico non prive tuttavia di accenni di richiamo doveroso alla autonoma iniziativa e responsabilità dei laici. D’altronde ciò venne corroborato dall’esortazione del Santo Pontefice Giovanni Paolo II durante la visita a Ferrara nel 1990: “… dovete domandarvi…- disse Wojtyla - quale sia il punto critico nel rapporto della comunità ferrarese con la proposta cristiana”. Quel “punto critico”, quella esortazione trovarono in Romeo Sgarbanti un formidabile campione di indefesso attivismo per dare efficacia a quella che l’amico Mario Cova definì nel suo articolo commemorativo sul già richiamato numero della rivista “La Pianura” “una sorta di nuova evangelizzazione dei ferraresi”. Fu così che egli perseguì con caparbietà la nascita di alcuni organismi presenti e operanti: Il FORUM SAN MAURELIO per il coordinamento e la sinergia tra i vari gruppi laicali, la FONDAZIONE 28 MARZO 1171 con compiti di sostegno al volontariato educativo e vocazionale. Nel 2006 promosse con altri il convegno serrano “Per lo sviluppo del progetto culturale della Chiesa Italiana nelle realtà locali dell’Emilia-Romagna”. Il convegno si concluse con una serie di propositi operativi in base ai quali si assunse l’iniziativa di far convergere le attività della Organizzazione Grosoli nel solco del Progetto Culturale della Chiesa. E di lì a poco ecco che il dottor Sgarbanti propose e promosse la formazione di un “Collegium culturale” denominato PAIDEIA per l’aggiornamento e il sostegno agli approfondimenti culturali in ottica cristiana per docenti e studenti.  Nel 1993 la Commissione nomine del Serra regionale lo elesse Governatore, incarico che mantenne con grande prestigio dal 1994 al 1996.
Negli anni successivi continuò ad essere la mente pensante e l’anima del Serra diocesano fino a farlo diventare, nelle sue due articolazioni (Ferrara e Pomposa), il più numeroso ed il più attivo della nostra regione e tra i più stimati a livello nazionale. In quel tempo venni più volte contattato ed ebbi molte occasioni di incontro con il dott. Sgarbanti, che non ringrazierò mai abbastanza per avermi voluto nel 1997 quale membro onorario nel Serra Club di Ferrara. Con lui avevo iniziata da tempo una stretta corrispondenza telefonica ed epistolare che sfociò di lì a poco nell’interessamento suo e del compianto Mons. Guido Rossi perché potessi mettere mano alla stesura di una nuova ed aggiornata biografia della venerabile Flora Manfrinati, giunta poi a felice compimento nel 2003. Egli vedeva in quella figura e nell’opera delle Educatrici Apostole a Torino e a Mottatonda di Gherardi un mezzo in più per proporre l’impegno cristiano nelle nostre zone e non solo, e molto si adoperò perché la pubblicazione avesse il crisma della editoria cattolica, come in effetti avvenne per i tipi delle edizioni Paoline, per raggiungere anche i luoghi più lontani ove far conoscere la storia e il carisma di Flora.
Non possiamo poi tacere l’amore di Romeo Sgarbanti per Ferrara e per i numerosi esempi di santità: gli studi e le pubblicazioni su San Maurelio, la sollecitazione di indagini per la individuazione delle fondamenta dell’antica cattedrale in Voghenza; l’attenzione a divulgare il senso e il significato di Ferrara “città eucaristica”, per il miracolo testimoniato nella basilica di Santa Maria in Vado, e per le figure femminili di Santa Caterina Vegri e Suor Maria Veronica del Santissimo Sacramento. Scrisse nel 1990 l’opera I Papi ed il prodigio di Ferrara del 1171 edita da Corbo con cui poi nel 1993, insieme a Baruffaldi e a Turri, ha dato alle stampe il libro sul movimento cattolico sociale a Ferrara tra ‘800 e ‘900 con il saggio intitolato Angelo Ferrari e l’Opera dei Congressi.
Concludo sottolineando l’opportunità dell’odierna iniziativa, che possiamo definire un riposo dello spirito poiché siamo raccolti nel ricordo di una persona dalla luminosa ed esemplare vita cristiana. Ed è da sottolineare come l’iniziativa non possa che procurare gioia permettendoci di assolvere a una specie di debito di gratitudine e di amicizia verso il dottor Romeo Sgarbanti.
Egli amava la preghiera e la Parola di Dio, e questa venerava nella Scrittura. Dava rilievo alla “vocazione” intesa come momento fondamentale per avvicinarsi ed avvicinare a Dio e alla Chiesa.  La speranza è che non si disperda una così alta testimonianza umana ed evangelica, che riteniamo preziosissime per il tessuto associativo ed operativo della nostra diocesi. 
Il dott. Romeo Sgarbanti è stato un vero maestro di vita e di fede. In questa dimensione, sotto questa luce, tutti noi continuiamo a ricordarlo, con immutato affetto e inalterato rimpianto.

Ferrara, Basilica di San Giorgio fuori le mura, 14-10-2017

Giovanni Raminelli


mercoledì 13 settembre 2017

I sessant'anni della Casa di Riposo "Dott. A. Capatti" di Serravalle (Fe)

Quest’anno, proprio il 4 ottobre festa di San Francesco patrono d’Italia e di Serravalle, ricorre il 60° anniversario della inaugurazione della Casa di Riposo di Serravalle (Ferrara), un’opera di alto valore umano e civile. Ristrutturata ed ampliata su progetto del serravallese Ing. Angelo Pasqualin il 20 maggio 1971, venne inaugurata da Mons. Natale Mosconi Arcivescovo di Ferrara, dall’Onorevole Nino Cristofori, alla presenza delle più alte cariche civili della Provincia, del Sindaco di Berra Sandri Socrate, del Parroco-abate don Silvio Padovani e della Superiora Generale dell’Istituto delle Piccole Suore. Negli anni ’80 del Novecento si portarono a compimento altri lavori su progetto dell’Ing Antonio Bonora di Ferrara e del Geom. Gianni Battaglia di Serravalle portando alla demolizione della vecchia e fatiscente villa del Dott. Capatti e con la realizzazione di una struttura atta ad ospitare il personale religioso e quello amministrativo.Nel 1987, in occasione del Trentesimo anniversario di istituzione della Casa, per volere dell’allora superiora e di Casa Madre diedi alle stampe un opuscolo commemorativo, presentato poi dallo scrittore ferrarese Dino Tebaldi. L’opuscolo resta a testimoniare il percorso storico di questa istituzione, insieme ai due video realizzati nel 2007 in occasione del Cinquantesimo anniversario della Casa di Riposo e nel 2013 per le celebrazioni del Centenario della presenza delle Piccole Suore della Sacra Famiglia prima nell'Asilo Infantile "Don Pio Minghetti", poi nella Casa di Riposo. Ma chi era il Dott. Attilio Capatti cui la Casa di Riposo venne dedicata? Il Cav. Dott. Attilio Capatti, era nato a Berra (Ferrara) il 31 marzo 1865. Egli seguì con regolarità e grande impegno gli studi, dimostrando ben presto inclinazione per le materie scientifiche. A 26 anni, il 30/12/1891, si laureò a pieni voti in medicina e chirurgia all’Università di Padova. Si sa che il giovane medico Capatti aveva già aperte le porte di una promettente ed esaltante carriera universitaria, ma egli preferì partecipare al concorso per ottenere la condotta in Serravalle. Lo vinse, mostrando entusiasmo e dedizione. Qui più che altrove, in luoghi ove operai e braccianti tracciavano quotidianamente col sudore i solchi profondi di una terra redenta e quelli di una storia veramente singolare, il Capatti svolse il proprio lavoro, mai negando la propria professionalità, anzi esaltandola in coerenza con i suoi ideali etici e politici. Mostrò ben presto, infatti, un impegno costante e profondamente sentito per gli ideali di stampo socialista, che in quegli anni trovavano largo e partecipato consenso nelle masse popolari. Fu grande amico del parroco-abate don Giuseppe Minguzzi e del poeta locale Anselmo Morelli. Alla sua morte, avvenuta il 9 aprile 1942 le tre figlie: Norma, Silvia, Saracena insieme ai parenti più stretti, dopo lunghe trattative, considerato che l’Amministrazione Comunale di Berra non era in grado di assumere l’impegno per realizzare un ospizio a conduzione civile, decisero di donare il terreno (quasi un ettaro) e la villa all’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia di Castelletto di Brenzone (Verona) al fine di ricavarne una Casa di Riposo, felicemente realizzata ed inaugurata il 4 ottobre 1957.
Giovanni Raminelli
Cav. Dott. Attilio Capatti

sabato 22 aprile 2017

MARIO BONAMICO. Un partigiano da ricordare.

Mario, Antonio Bonamico nacque il 31-12-1919 nella Clinica Ostetrica di Padova, figlio di Gaetano e di Giovanna Petrarchini. Battezzato il 15 gennaio 1920 in Papozze (Rovigo), nella chiesa parrocchiale dei Santi Bartolomeo e Carlo, ivi venne cresimato da Mons. Rizzi, vescovo di Adria, il 3 giugno 1928. Frequentata la scuola elementare, compì gli studi fino al termine della seconda classe di Avviamento Professionale. Chiamato alle armi (56° Reggimento Fanteria), il 6/4/1941 giunse in territorio dichiarato in stato di guerra. Rientrato in servizio dopo il matrimonio con Virginia-Gina Mongini (25/4/1942) celebrato in Serravalle (Ferrara), e dopo un breve ricovero nell’ospedale da campo n. 572 e in quello di Trieste, fu assegnato presso il VI° Battaglione studenti universitari di Sassuolo(Modena). Effettuati alcuni controlli sanitari negli ospedali militari di Ferrara e di Bologna, rientrò (giugno 1943) nel 56° Reggimento fanteria in quel di Mestre (Venezia). Sbandatosi in seguito agli eventi sopravvenuti all’armistizio (8/9/1943), entrò (estate 1944) nella formazione partigiana della 35^ Brigata “Rizzieri”. Il 5/2/1945 fu arrestato con altri partigiani, condotto nelle carceri di Codigoro, interrogato, torturato e il 14 di quello stesso mese fucilato insieme a Pivari Olao e Bonaccorsi Laerte nella piazza di Ariano Ferrarese. Sepolto nel cimitero locale, i suoi resti vennero trasferiti e inumati l’11 maggio 1945 nella cappella di famiglia nel cimitero di Papozze. Gli vennero conferite postume (10/6/1956) la Croce di Guerra al merito e due stellette d’argento da porre sul distintivo della Guerra di Liberazione.

lunedì 30 gennaio 2017

Un romanzo storico ambientato sulle rive del Po tra Stato Pontificio e Lombardo Veneto.

Alla fine dello scorso mese di dicembre è uscito fresco di stampa il mio romanzo breve (100 pagine in tiratura limitata a 250 copie), di cui un caro amico ha scritto già su Serravalleweb il testo che qui riproduco.

E’ un romanzo breve, o un racconto lungo: al lettore decidere come inquadrare il nuovo lavoro di Giovanni Raminelli “Storia di amori contrastati, amorazzi, contrabbando e dei provvidenziali piselli di un Conte nelle Terre Basse Ferraresi nella prima metà dell’Ottocento”: questo il titolo dell’opera che si snoda per 100 pagine da leggere tutte d’un fiato grazie alla scorrevole tecnica narrativa usata dall’autore, intercalata sapientemente con dialoghi coinvolgenti e quasi da copione teatrale. Le vicende narrate, frutto di fantasia e inserite tuttavia in un contesto reale e storicamente valido, vedono il loro sviluppo a Serravalle, paese alla biforcazione deltizia del Po, alla Villa dei Conti Giglioli, a Santa Maria in Punta, a Papozze. Vengono citati inoltre altri luoghi del territorio: Codigoro, Mezzogoro, la località Magoghe, Cologna, Ariano Pontificio.
Come commenta Galeazzo Giuliani nella presentazione del libro, “attorno ad alcune figure centrali (…) brulica una miriade di personaggi, che si muovono con la stessa mutevole velocità delle acque del Po, lungo il quale si fronteggiano, ma in realtà convivono, due popoli, sudditi di differenti entità politiche: quella austriaca, lungo la riva sinistra, confine dell’allora Lombardo-Veneto, quella papalina, lungo la riva destra, Stato Pontificio. In questo contesto, Giovanni Raminelli fa fantasiosamente interagire alcuni personaggi storici realmente vissuti con altri inventati. Tra questi incontriamo Giuseppe Barocchi detto Beppocchio, il Casanova della Bassa; il biondo Sileno, suo figlio, innamorato di Rosalba; l’oste Lisuarte e sua moglie, la “prosperosa” Clara; Wilhelm, il finanziere austriaco; il cavalier Liborio Calzoni; Lidiano Prosdocimi, il curato don Artemio Cigoni e l’abate don Giuseppe Pedrini; il “lurido” marchese Turchetti; il dottor Noè Tumiati da Cologna; Donna Idelma de Finestral, vedova Valentini e… molti altri… al lettore scoprirli tutti!
Siamo ormai a fine giugno dell’anno 1838 e (…) come per incanto, riemerge dal buio dei tempi e si ripopola Villa Giglioli, oggi semidistrutta da un incendio doloso appiccato il 1° gennaio 2009, durante la notte di capodanno.(…) Grazie al romanzo, nelle stanze ornate dai dipinti del pittore ferrarese Francesco Migliari e della giovane Rosa Giglioli, che in quell’arte si tentava, vediamo muoversi, creati però a bella posta dalla fantasia di Raminelli, il conte Leopoldo, ottuagenario suocero del conte Anselmo, trasferitosi quasi stabilmente a Serravalle, paese “tutto disteso tra il Canal Bianco e l’argine maestro del Po”. Territorio di cui Raminelli ci aiuta a scoprire i luoghi – questi sì reali - dai toponimi meno noti: lo Stradone dei Morti, la Griffa, la Cardinala, la Tenuta delle Donnine, oppure i Cortili Folla. Il lettore, inoltre, si sorprenderà, piacevolmente, di scoprire nel linguaggio popolare dei protagonisti termini ormai desueti, quali pedàgna, bigolàro, baiòcchi, galafàso, maramógne, squèro, baracchìna, canapè, vandrigulìn, restàra e molti altri, di cui l’Autore dà puntualmente la definizione in nota. Ѐ questo l’estremo, nobile tentativo di registrare la memoria di immagini e voci destinate all’oblio.
Col suo racconto venato di sottile ironia, a tratti pungente, l’Autore ci trasporta in un mondo altro dal nostro, un mondo di cui, ci ricorda, siamo eredi e dovremmo esserne i custodi.
G.D.P.
Chi volesse ricevere il libro per via postale e in forma raccomandata (con l’aggiunta quindi delle spese postali) dovrà contattare Giovanni Raminelli all’indirizzo e-mail: historicus@outlook.it per avere tutte le indicazioni relative al pagamento e all’invio.